Intervista a Freddie Wolf

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Come e quando hai scoperto di amare la musica metal?

Freddie Wolf: Con una madre come la mia sarebbe stato difficile il non scoprirlo più che altro! Nonostante lei militi ormai da 40 anni nei Pandemonium che è una band tutt’altro che hard ‘n heavy, era il tipo di madre che mi lasciava con la baby sitter per andare ai live concerts dei Judas Priest, Black Sabbath, Metallica, Pantera.. Provai a spiegarle che comunque amavo i Queen e Michael Jackson molto più di tutto il resto. Lo accettò con qualche difficoltà, ma alla fine mi comprese. Quando accennai anni dopo che anche la techno la trovavo una soluzione interessante, dormii sul pianerottolo. Così capii il limite di tolleranza di casa Wolf!

L’artwork di un album è molto importante, forse il primo approccio per un futuro nuovo fan. Tu con il tuo cosa vuoi trasmettere? 

Freddie Wolf: Amando totalmente l’arte grafica e visiva, pittura, scultura e disegno in generale, (oltre che i comics) ho sempre pensato che saper presentare al meglio la propria musica, significhi anche “rivestirla” degnamente di un ottimo artwork, (d’altro canto gli artisti che più amo l’han sempre fatto). Nello specifico del mio doppio disco solista, ho preferito rappresentare “Utopia” con le immagini salienti del mio percorso artistico in un crescendo emozionale. Al contrario, relativamente a “Distopia”, ho preferito sottolineare le tematiche esoteriche ed occulte con quadri storici di artisti immensi, (Munch, El Greco, Goya, Doré, Caravaggio..) attraverso le loro tele più ansiose e disturbate. L’idea mi venne proprio dall’artwork di “The Chemical Wedding” di Bruce Dickinson, (tutto incentrato su Blake) disco al quale mi ispirai quando uscì nel ’98 per cominciare a progettare ciò che poi è divenuto appunto “Distopia”. Abbastanza avvilente che ormai l’artwork stia diventando superfluo; anche solo un decennio fa comprare un album era come comprare un libro o un film in VHS. Un tesoro! Oggi si comprano, downloadano o ascoltano in streaming dei files.. la morte del feticcio è la morte del collezionista. E di conseguenza del die hard fan o follower incallito. Sad story.. (ma almeno il vinile tiene ancora duro – in c**o ai consumatori bulimici di musica da take away!)

Hai un progetto in particolare come obiettivo? Qual è la tua massima aspirazione? Come ti vedi da qui a qualche anno?

Freddie Wolf: Beh, ammetto che dopo 20 anni di bands, musical projects e tante cose fatte e raggiunte, penso che il maggior risultato per un musicista sia riuscire nel continuare a fare ciò che ama. Considerando i tempi allucinanti che viviamo (e subiamo) tenere in piedi sogni e concretezze non è più il primo step per puntare ad altro. Oggi come oggi, a parer mio, è la base solida sulla quale poggiare tutto e resistere. Certo, il magno sogno resta quello di entrare in meccanismi mainstream ovviamente, ma devo ammettere che riempire con le sole proprie forze live club da 300 persone, non è propriamente trascurabile, anzi! Ed avendo ancora un bel po’ di musica valida dentro, il mio progetto è riuscire ad esaurirla tutta prima di dare congedo. Ma credo sia l’aspirazione di chiunque ha tanto da dire ed è determinato a dirlo.

 

Il tuo è un lavoro autoprodotto o ti sei affidato ad un produttore? Perché questa scelta? Se ti sei affidato ad un produttore, come lo hai scelto? Con quali criteri hai compiuto le scelte di produzione?

Freddie Wolf: Ma il produttore non è una figura mitologica? Scherzi a parte, ne ho conosciuti personalmente tanti ed ho combattuto anni, (come molti compagni d’avventura) alla ricerca di quelle figure professionali che prima erano pane quotidiano per portare in goal i propri progetti. Oggi le risposte dei pochi sopravvissuti son sempre le stesse: “entra nei talent show”. E’ tutto molto misero ed angoscioso. I pochi che sopravvivono son quelli del mainstream ormai affermato da decenni e nonostante tutto ogni tanto crolla una major. Autoprodursi o co-prodursi (tramite una label) è ormai quasi obligatorio, tra l’altro così facendo si finanziano anche molti studio recordings ignorati dal grande sistema; veri e propri piccoli gioielli dai quali si riesce a tirar fuori album super prodotti, (soldi permettendo). Ho almeno avuto l’onore di parlare con David Richards, (sound engineer di Queen, David Bowie..) e ho avuto il timore che, anche riuscendo ad entrare in grossi meccanismi, persone come lui siano esattamente come quelle con cui lavorava; unici e ormai perduti. Speriamo in un’inversione di rotta non troppo lontana.. e comunque la speranza è l’ultima a morire!

Da quale strumento nasce la realizzazione dei brani? Quale componente si occupa del songwriting?

Freddie Wolf: Di media essendo cantante e non suonando nessuno strumento professionalmente, parto dal cantare i motivi principali della song, (il tipico motivetto nella testa). Da li utilizzo audio programs vari per registrare l’idea, (voce, midi o eventuale strumento). Su questo scrivo il testo ed in seguito chiamo i musicisti (quelli che sento ideali in base al tipo di song), per svilupparla significativamente, strutturarla e arrangiarla, per poi entrare in studio e produrla definitivamente. Altre volte accade semplicemente che venga contattato da musicisti con delle idee vincenti ed io subentri di conseguenza a ristrutturla, creare la linea vocale e testo, e poi terminarla. Ogni song è un po’ un’avventura a se. Se si pensa che in un paio d’occasioni ho composto i guitar solos senza saper suonare nulla di quel maledetto strumento.. Grazie a Dio voce e idee non mancano per realizzare anche quello che sembra impossibile, (ed anche i fantastici musicisti che ho conosciuto nel mio lungo tragitto – son veramente dei fenomeni).

Cosa dovrebbe convincere il pubblico ad ascoltare proprio il tuo materiale in mezzo ad una concorrenza così vasta?

Freddie Wolf: Perché sono un incrocio tra un fottuto psicopatico e un pavone isterico? Ahaha, anyway domanda difficile se si considera che ciò che si scrive è davvero fin troppo personale. Sarebbe un po’ come chiedere ad un genitore perché crede che suo figlio sia il migliore. Di base potrei dirti che tutto ciò che produco è frutto di fatica, sacrificio e parecchie cicatrici, quindi mi è più facile scrivere cose intense che cose in stile musica napoli o pop becero all’italiana. Anzi, il motivo per il quale son riuscito a tirar fuori anche un disco metal è stato proprio grazie a quella roba.. aiuta a tirare fuori il miglior disprezzo, (oltre che a scongiurare la stitichezza)!

Rispetto a quando hai iniziato, com’è cambiata la tua percezione di musica, considerato chi la compone e chi ne usufruisce?

Freddie Wolf: In realtà quasi per niente perché i miei “genitori artistici” son rimasti gli stessi nel tempo. Non a caso qualche songs prodotta in “Utopia” e “Distopia” risale addirittura a tracks accennate quasi 20 anni prima. Il fatto che poi, ciò che produco, sia terribilmente vintage e fuori dai percorsi canonici, lo so (e qualche produttore e promoter me lo ha anche sottolineato) ma al momento è ciò che riesco a fare al meglio. Magari un domani potrei “aggiornarmi”, ma dovrei trovare qualche buona occasione per farlo; al momento le “buone occasioni” sembrano solo ventilate proposte di poca concretezza. A questo punto preferisco tirar fuori roba dance 2000 style da passare su M2O, piuttosto che buttare li cose per i festival tipo SanRemo, senza che ci arrivino. Che poi mi ci vedete a SanRemo? Sembrerei tipo Ozzy in un asilo nido.. (anyway, restando in tema, “never say never”).

Guardando al tuo passato e da dove sei partito, come ti vedi nel presente? Cosa possiamo aspettarci nel futuro?

Freddie Wolf: Citando Marco Masini, (che stimo molto per i suoi primi lavori e non sputatemi per questo, ve l’ho detto che sono apertissimo musicalmente) “Se mi guardo nello specchio, con il tempo che è passato, sono solo un po’ più ricco, più cattivo e più invecchiato..” ecco, se tolgo l’esser ricco, il resto c’è abbastanza tutto, ahaha! Comunque posso dire che ciò che potevano essere tappe quasi da sogno quando avevo 13 anni, son divenute nel tempo conferme; dischi, recensioni, sold out, videoclip, tour.. che dire? Anche se non sono ancora riuscito ad entrare nelle classifiche, posso comunque ritenermi soddisfatto ed entusiasta per le tante cose fatte e riuscite. Dal futuro mi aspetto di riuscire ad entrare nei Queen! Alle brutte mi accontento di fare la corista per Elio e Le Storie Tese. Molto più probabilmente c’è da aspettarsi che produrrò il prossimo disco con esiti ulteriormente positivi. Alle brutte mi resta fare il cubista al Gay Pride. Fosse la volta buona che finisco in tv..

Rivolgendomi a te: che altri hobby o passioni hai oltre alla musica?

Freddie Wolf: Beh, diciamo che le mie malattie mentali si estendono ampiamente; studio delle religioni, esoterismo, occultismo, filosofia, storia, appassionato di narrativa horror e comics a tema, feticismo quasi estremo per il collezionismo degli artisti che amo, psichiatria, criminologia, arte.. Insomma tante cose spesso allegre che mi fanno spaziare tra Gesù Cristo, Adolf Hitler e Joseph Stalin, passando per Nietzsche, Pirandello, Stephen King, Tiziano Sclavi e Ungaretti. Se chi mi conosce mi chiama “Joker” o “Ozzy”, un motivo c’è, eh? Eh si.. c’è…

Cosa pensi della scena attuale italiana?

Freddie Wolf: Prossima domanda? Ahaha! Non si può bestemmiare sulle vostre pagine vero? Allora cerco di dirlo con un ermetismo accennato; penso che sto rimpiangendo Francesco Salvi. Si, ogni tanto escono artisti di rispetto, (Elisa, Arisa e pochi altri, anche se comunque son già fenomeni “vecchi” e non propriamente attuali) ma sono comunque abbastanza stanco di vedere questo paese diviso tra la decadenza pietosa della musica napoli (o di periferia trasandata finto sofferta) da una parte e l’altrettanta tristezza imbarazzante dei rapper dell’ultima ora, che a parte i tatuaggi, han poco da mostrare e di cui parlare. Il tutto in questo circo pietoso dei talent che di “talent” ne mostra ben poco. Grazie a Dio ogni tanto escono fuori i Caparezza a raddrizzare le tristi sorti di un paese defunto. E sottoscrivo che c’è anche una buona energia nell’underground, (Ushas, La Menade, The Fire e troppi altri). Ma per quanto mi riguarda, al momento la mia unica preoccupazione è trovare abbastanza napalm…

Secondo te cosa rende una band meritevole di aver successo?

Freddie Wolf: Il riuscire ad essere VIVA! Per viva intendo intensa, presente, forte, significativa, esplosiva quando serve ma profonda e capace di toccarti l’anima quando è il momento giusto. L’essere in grado di non perdere la propria identità seppur cambiando. Ed il saper resistere a tanto stress, mantenendo intatta la compattezza e l’intenzione iniziale. E tanta autoironia. Prendersi per il c**o, seppur sai scrivere masterpieces e dare emozioni immense, è alla base. Vabbè, se rispondevo solo “Queen” facevo prima!

Vivi grazie alla tua musica? Se non è così, che mestiere fai?

Freddie Wolf: Devo ammettere che alcune volte riesco a gestire le entrare per reinvestirle nei progetti futuri, quindi non mi lamento. Pur vero che ci sono stati periodi molto meno felici, ma posso essere sincero? Quando ti ritrovi a fare lavori come l’operaio (per dirne uno spacca ossa) per trovare i soldi necessari per poi partire per il tour o finanziare potentemente un disco, è una soddisfazione molto più grande. Non lo so, è come se, quando vivi il momento top dopo tanta fatica, ti è quasi dovuto; te lo sei meritato, sudato. E’ tuo. Quando i soldi entrano in modo più easy, la sensazione è meno forte. Però ormai sono vecchio quindi mi tengo la soddisfazione delle entrate easy!

Cosa ti ha spinto ad iniziare a suonare? E come sei giunto alla scelta del genere da proporre?

Freddie Wolf: Al di la che certe pulsioni son genetiche ed insite nel tuo essere (ed esistere) anche in questo, parte della colpa, posso darla a mia madre; essendo “figlio d’arte”, (così dicono) crescere con una donna cantante, corista, che viveva tra tour, teatri e mega studio recordings, (dove per lo più passavo i miei pomeriggi da bambino, dopo la scuola) appassionatissima di musica, (si, per lo più metal, ma anche tante altre cose come il jazz, blues, rhythm ‘n blues, etcetc) difficilmente ti porta a scegliere idraulica. Se poi ci aggiungi che mi riempivo casa di VHS originali dei miei artisti preferiti e tanto amati e che mi riempivo gli occhi di quei mega live concerts magnifici con folle oceaniche, che dire? Citando l’immenso Massimo Troisi, mi son detto: “Frè, da grande tu devi fà ‘o geometra’.”

Com’è il tuo rapporto con giornalisti e/o recensori e critici?

Freddie Wolf: A dire il vero buono. Mi è capitato di leggere nelle tantissime biografie celebri il terribile rapporto tra bands/artisti con i media, stampa, critica & company. A me al momento ha detto particolarmente bene.. mi devo preoccupare?

Se è senz’altro vero che di solito si porta il vissuto nella proposta musicale, come e in che misura è vero anche il contrario?

Freddie Wolf: Nella misura in cui inserisci te stesso in ciò che proponi alle persone. Quando vuoi esprimere qualcosa di artistico, a mio parere, hai tre modi per farlo: quello tanto vero da essere spoglio, (cantautoriale “impegnato”, reggae, il primo rap americano, il jazz non tecnico, grunge..) quello spensierato o addirittura frivolo, (rock ‘n roll, fusion, glam rock, sleeze..) o quello scenico e teatrale, (in stile The Doors, Led Zeppelin, Pink Floyd, Michael Jackson, David Bowie, Elton John, Queen fino ad arrivare ad un Marilyn Manson – dove il genere scelto non conta quanto la pantomima e la rappresentazione del messaggio in forma scenica). Io prediligo quest’ultima forma comunicativa su tutte. Ma il fatto di caricare scenicamente lo show non è, almeno per me, un modo per riempire il vuoto che lascia la pochezza di ciò che esprimi; al contrario, come in teatro e nell’opera, significa saper portare tutto all’enfasi totale ed estatica. Divenendo tu stesso sciamano o profeta, portando la magia dello spettacolo in un turbine vorticoso in cui il pubblico può perdersi e lasciarsi trasportare. Quanto c’è di te veramente qualcuno lo capirà e lo porterò con se per sempre.. “it’s a kind of magic”, right?

Quanto il tuo luogo di origine ha influenzato te e ciò che scrivi e componi? Vuoi lasciare qualche messaggio in particolare attraverso i tuoi brani?”

Freddie Wolf: In realtà ben poco non essendo molto legato a tradizioni latine, (nonostante sia parte latino americano e parte italiano).Per lo più sono affascinato da culture nord europee o asiatiche.. per certi aspetti anche americane e native.Anyway, al di la della cultura che più mi trascina ed ispira, si, ammetto che cerco sempre di lasciare un messaggio nelle mie songs.Di solito le mie tematiche sono sull’introspezione individuale e la ricerca di se e del senso della vita, altre volte si sposta su realtà spirituali e mistiche, (spesso critiche verso le istituzioni religiose).Altre volte sulla poca credibilità dell’uomo come specie e valore, altre ancora sull’importanza di saper amare al di la di ogni entropia. Ma componendo cose molto varie, spesso non seguo un filo conduttore unico, ma lascio che le emozioni del sound mi ispirino per ciò che sento giusto per quelle melodie.Ed ovviamente anche in base a ciò che vivo.. si sa che il lato positivo del soffrire è che aiuta molto il songwriting!

Per concludere l’intervista…

Freddie Wolf:Per i musicisti, artisti e band, posso solo dire stay strong ‘n rock’em all! Love you all my friends!

 

tratta da

http://www.insane-voices-labirynth.it/interviste/freddie-wolf/

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