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Vi segnaliamo un estratto dell’intervista di Patrick Prince per il magazine Goldmine a Steve Harris. Particolarmente interessante la risposta dello storico bassista degli Iron Maiden al quesito riguardante l’opener di The Book Of Souls, “If Eternity Should Fail” e la fantomatica influenza progressive sul suo attuale modo di scrivere canzoni molto ampie:
“(..) Abbiamo fatto sempre quello che volevamo fare sin dal primissimo album, quindi non c’è alcuna differenza. Semplicemente oggi abbiamo una certa difficoltà a scrivere canzoni brevi. Non so per quale motivo. E’ solo il modo in cui ci siamo evoluti. Non c’è una reale ragione oltre al fatto che abbiamo ogni tipo di influenza. E molte di esse provengono dal progressive. Ma non stiamo provando a fare altro che scrivere composizioni che avvertiamo giuste al momento. Lo sapete, non sappiamo mai davvero cosa scriveremo la prossima volta. Il che è parte dell’eccitazione di quando andiamo a creare un nuovo album. Nessun piano di battaglia, semplicemente andiamo in studio e quel che esce fuori, esce fuori. E’ solo dopo, quando facciamo interviste, che proviamo ad analizzarlo. Noi non analizziamo prima quel che facciamo. Lo facciamo e basta”.
E le analisi dell’ultimo fortunato album dei Maiden vanno avanti.
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