Concerti rock dopo l’orrore del Bataclan, cosa succede in Italia? Vincenzo Spera (Assomusica): ‘Misure di sicurezza già pronte, ma evitare allarmismi’


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Da rockol.it

Concerti rock dopo l'orrore del Bataclan, cosa succede in Italia? Vincenzo Spera (Assomusica): 'Misure di sicurezza già pronte, ma evitare allarmismi'

La strage al Bataclan di Parigi dello scorso 13 novembre ha marcato, nel male più assoluto, un punto di svolta nell’industria dell’intrattenimento dal vivo: i concerti, prima considerati generalmente un’isola felice – salvo rare eccezioni – in materia di ordine pubblico, si sono scoperti bersaglio del terrorismo più subdolo e feroce. E a nemmeno una settimana dalla tragedia avvenuta sotto al palco degli Eagles of Death Metal – dai quali, ci ha confermato l’agenzia italiana che ha organizzato le loro date nella Penisola, DNA Concerti, ancora si attende una decisione ufficiale in merito ai prossimi concerti programmati nel nostro Paese – il mondo dell’industria musicale live ha reagito, pur in modo non coordinato: al fianco di chi, come Prince o Foo Fighters, ha preferito annullare gli appuntamenti in programma nel Vecchio Continente, c’è chi – come Bob Dylan, che da domani 18 novembre sarà di scena a Bologna e Milano, ha optato la linea “business as usual” ma “as usual” non troppo, chiedendo la presenza di un corpo di vigilanza armata presso la venue destinata a ospitare la sua esibizione.

Tra paura e (nobile) voglia di mandare avanti lo spettacolo, cosa sta succedendo in Italia? Vincenzo Spera, presidente di Assomusica, associazione di categoria dei promoter di musica dal vivo italiani, dipinge un quadro abbastanza chiaro: “Chi opera in questo settore è tenuto a osservare le prescrizioni delle forze dell’ordine: il personale che impieghiamo ha ovvi limiti di operatività, stabiliti dalla legge. Da parte nostra, sicuramente aumenteremo gli incaricati in sala e il livello di vigilanza, impartendo direttive più specifiche rispetto al passato. Contemporaneamente, una disposizione ministeriale emanata ieri e trasmessa oggi alla prefetture ha istituito dei tavoli di valutazione sul modello di quelli già esistenti per gli incontri calcistici: ogni caso verrà valutato singolarmente”.

L’irruzione dei terroristi nella storica sala concerti parigina è stato uno shock mondiale: “Questi sono rischi esterni al nostro lavoro. Noi possiamo anche mettere delle guardie giurate in sala, la polizia sicuramente aumenterà i livelli di sorveglianza, ma in un momento come questo occorre mantenere la calma. Gli aerei purtroppo cadono, ma si continua a volare. Non si deve rinunciare a vivere per colpa di un pericolo che può annidarsi ovunque”.

Brutalmente, maggiori misure di sicurezza corrispondono a maggiori costi organizzativi: c’è il rischio che i nuovi provvedimenti possano andare a impattare sul pubblico sotto forma di una maggiorazione del costo dei biglietti? “Mi auguro che non avvenga”, prosegue Spera: “Essendosi lo stato fatto promotore della sicurezza dei cittandini, l’auspicio è che nel momento in cui si entri permanentemente in questa logica cautelativa le istituzioni sappiano trovare gli sgravi adeguati per evitare un contraccolpo del genere. Anche perché – è bene ricordarlo – quello della musica dal vivo è l’unico settore dove non entra nemmeno un euro dalle casse pubbliche. In ogni modo, credo che il concerto di Madonna in programma domani sera a Torino possa rappresentare il primo esempio di simbiosi virtuosa tra forze dell’ordine e promoter nel garantire un maggior livello di sicurezza agli spettatori”.

Eppure, dopo la tragedia di venerdì scorso, c’è la sensazione che le band statunitensi, nel dubbio, preferiscano annullare le proprie date sulla sponda orientale dell’oceano Atlantico: “La percezione di insicurezza, da parte di artisti americani in tour in Europa, non è una novità: ci sono casi – molto rari, per la verità – di gruppi o cantanti che nelle richieste al promoter inseriscano anche la scorta della polizia da e per lo scalo aeroportuale. Eppure non mi risulta che in tanti, per gli stessi motivi, rinuncino a tournée in paesi – come Israele o gli Emirati Arabi – comunemente considerati a rischio. Il fatto è che non c’è mai stata un’attenzione così alta come c’è adesso, su questo argomento: a pensarci bene, però, in tutte le grandi città ci sono luoghi deputati alla movida che offrono di fatto gli stessi coefficienti di rischio, in termini di affollamento. Poi, lo capisco, per chi fa il nostro lavoro tutto questo – nonostante tutto – suona ancora oggi assurdo: chi va a un concerto non va contro a nessuno, va a vivere un’esperienza che non prevede l’esistenza di un nemico o un’avversario al quale fare male. E chi non è in un certo ordine di idee di sicuro non individua, nel prossimo, un potenziale assassino…”.


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